Il futuro dell’economia e del pianeta ruotano attorno alla grande conversione verso un’economia circolare e un’economia biologica e “decarbonizzata”. L’impatto crescente del cambiamento climatico da un lato, la crescente pressione sulle risorse naturali dall’altro, richiedono un grande sforzo di innovazione. L’Unione Europea, anche con il programma di ripresa economica da 800
miliardi Next GenerationEU, ha messo al centro della ripresa economica e sociale lo sviluppo di una forte economia digitale e de-carbonizzata. L’economia europea, con questi programmi, affronta una ristrutturazione globale senza precedenti. La società industrializzata è stata la società dell’economia lineare. Nell’economia lineare, terminato il consumo termina anche il ciclo del prodotto che diventa rifiuto, costringendo la catena economica a riprendere continuamente lo stesso schema: estrazione, produzione, consumo e smaltimento. L’economia circolare, in antitesi alla dominante economia lineare nell’uso delle risorse, secondo la definizione che ne dà la Ellen MacArthur Foundation, “è un’economia pensata per potersi rigenerare da sola”.

In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera. L’economia circolare è dunque un sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro. La gestione del ciclo di vita dei prodotti e del ciclo di vita dei rifiuti sono al cuore dell’economia circolare.
Ma l’economia circolare non riguarda solo ciò che succede “a valle” della produzione e del consumo. L’economia circolare parte dalla progettazione di un sistema più efficiente (rispetto all’uso di risorse) rispetto a quello tipico dell’economia lineare e prevede innanzitutto che vengano utilizzate in modo massiccio le fonti e le risorse rinnovabili (elemento centrale della sostenibilità). Nella “decarbonizzazione” dell’economia – cioè nella sostituzione delle fonti energetiche e di materia basate su combustibili fossili, che generano CO2 e altri gas climalteranti, con energie e materie prime basate su biomasse rinnovabili o sul flusso del sole, del vento o dell’acqua – gioca un ruolo rilevante la “bioeconomia”, l’economia basata su risorse biologiche rinnovabili. La valorizzazione intelligente di queste risorse e dei loro sottoprodotti può consentire di sostituire prodotti basati sul petrolio, dai combustibili alle plastiche, oltre che mantenere un polmone fondamentale per l’assorbimento delle emissioni di CO2.
L’industria della carta, per quanto un’industria antica e tradizionale, si trova oggi al centro, all’intersezione, di questa grande conversione e può giocare un ruolo anticipatore delle nuove tendenze. L’industria della carta è una delle componenti più importanti della bio-economia, essendo basata per il proprio approvvigionamento sia di materia che di energia (nelle fasi a monte, non presenti in Italia) su biomassa coltivata. Inoltre, soprattutto negli ultimi venti anni, ha conosciuto una consistente trasformazione verso una produzione “circolare”, con un forte incremento dell’avvio a riciclo (anche con una crescita dell’export) e una produzione largamente basata su fibre secondarie e su scala europea anche con l’impiego energetico della biomassa legnosa non trasformata in pasta cartaria. L’industria cartaria resta al centro delle prossime sfide sia sull’innovazione di prodotto – ad esempio per imballaggi biodegradabili, riusabili, riciclabili – sia sulla produzione di energie rinnovabili con l’impiego di scarti cellulosici e con l’ottimizzazione delle risorse forestali attraverso il riciclo. Gli obiettivi europei, ormai legalmente vincolanti, di emissioni climalteranti zero al 2050 e di una riduzione del 55% delle emissioni nel 2030 rispetto allo stato del 1990, sono obiettivi tecnicamente raggiungibili, ma economicamente molto sfidanti per l’industria cartaria. Per quella italiana, che non è produttrice di cellulosa da biomassa, ancora più ardui da affrontare se manca un contesto di forte sostegno all’innovazione tecnologica e di riduzione dei costi energetici, in particolare elettrici.

Gli indicatori chiave
La produzione di carta e tutta la sua filiera, dalla forestazione produttiva al riciclo, rappresenta un esempio “quasi perfetto”di economia circolare basata sull’uso di risorse rinnovabili coltivate e con potenzialità di riuso e riciclo che, per quanto finite, consentirebbero teoricamente molteplici cicli produttivi da un solo prelievo ambientale. La circolarità della produzione dipende da tre elementi principali:
- L’elevatissimo ricorso a materie rinnovabili nella produzione di carte e cartoni e, nella produzione primaria, anche a energia rinnovabile derivante da biomassa. Per l’Italia, la stima di materia rinnovabile e secondaria sul totale è pari all’84,3% (il resto essendo costituito principalmente da cariche minerali).
- Il ricorso prevalente a maceri, cioè a materia seconda, sia pur con quote diverse a seconda del tipo di prodotto finito, rispetto all’impiego di fibre vergini. Sul totale delle fibre utilizzate cresce la quota di fibre secondarie, oggi pari al 62,2%. Per l’Italia, il rapporto tra materie seconde e fibre vergini è pari a 1,6:1.
- L’altissima percentuale di carta e cartoni raccolti e riciclati, anche con esportazione all’estero. Il tasso di raccolta può essere definito in vari modi. (a) il tasso totale di raccolta (pre o post consumo) sul consumo apparente di carta (produzione nazionale +import di carta -export di carta) è pari al 69,3%; (b) il tasso di raccolta post-consumo (al netto di sfridi e rese) sull’utilizzo nazionale di carta (uguale al consumo apparente meno sfridi, rese, export di prodotti e imballaggi pieni) è invece pari al 74,5%; (c) il tasso di raccolta post consumo, sui rifiuti di carta effettivamente disponibili (l’utilizzo nazionale al netto della carta conservata o dispersa, ad esempio nelle fognature), forse il valore più significativo, è pari al 80,1% dei rifiuti cellulosici. Infine il tasso d’uso di materia secondaria dell’industria cartaria, ovvero il rapporto tra materie prime di recupero e totale delle materie prime impiegate è pari al 52,6%, contro una media nazionale del 21,6% (dato 2020, Eurostat 2022, Circular material use rate).