Nel 2022 la crescita economica globale ha rallentato bruscamente, dopo un anno di crescita al di sopra delle aspettative. Lo scontro fra il recupero della domanda e gli ostacoli sul lato dell’offerta – difficoltà a rimettere in moto le catene logistiche internazionali, recrudescenza del Covid, picchi nei prezzi delle materie prime essenziali, guerra in Ucraina – hanno portato all’instaurazione di un contesto inflazionistico, il cui contenimento si è presto spostato al primo posto fra le preoccupazioni delle autorità economiche.
La bassa crescita del 2022 e le prospettive contenute per il 2023 sono il risultato sia della difficile risoluzione dei nodi dell’economia mondiale, che delle stesse azioni intraprese per combattere l’inflazione. All’inizio del 2023, l’aumento dei tassi di interesse ha iniziato a produrre i suoi effetti sul livello della domanda, raffreddando l’inflazione e anche, evidentemente, la crescita economica. Le conseguenze negative della manovra sui tassi sembrano per adesso limitate, ma alcuni segnali di tensione sui mercati finanziari, con l’emergere di situazioni particolarmente gravi in alcune banche – specialmente negli Stati Uniti ma anche in Europa – potrebbero rappresentare la spia di problemi più diffusi, accumulati durante il lungo periodo di tassi bassi.
L’indebitamento globale pubblico e privato, aumentato in modo molto marcato nel lungo periodo di condizioni finanziarie estremamente accomodanti, in diminuzione rispetto al livello di picco, resta su livelli estremamente elevati. Secondo le valutazioni del FMI, nel 2023 la crescita dei Paesi avanzati risulterebbe più che dimezzata. Gli Stati Uniti manterrebbero un tasso di crescita dell’1,6%, il doppio dell’area Euro. In particolare, per la Germania ci si attende un lieve arretramento (-0,1%). Il tasso di crescita delle economie in via di sviluppo resterebbe abbastanza sostenuto (+3,9%). In particolare, la Cina tornerebbe a crescere in modo significativo (+5,2%), grazie alla fine delle restrizioni connesse al Covid, mentre America Latina e Medio Oriente rallenterebbero vistosamente.
Si tratta di uno scenario che presenta elementi elevati di incertezza. Aree di rischio vengono individuate nel livello elevato di debito in diversi Paesi in via di sviluppo e nella possibilità che si verifichino correzioni brusche nella valutazione delle attività nei Paesi avanzati; eventualità questa segnalata dalla divergenza fra i tassi di interesse annunciati dalla politica monetaria e il livello più basso implicito nelle valutazioni dei mercati finanziari.
Secondo un’ottica benigna, ipotizzando che l’aumento consistente dei tassi di interesse non porti a episodi di brusca correzione nelle valutazioni o a crisi estese di insolvenza, la riduzione del tasso di crescita – e della domanda – sarebbe funzionale al contenimento dell’inflazione, per cui esistono già segnali in diverse economie. Andrebbe anche scongiurata l’eventualità che si verifichino ulteriori inattesi picchi nei prezzi delle materie prime o blocchi legati a situazioni di vera e propria scarsità. I progressi in questo senso sembrano significativi. In generale la quota di aziende che segnalano ostacoli all’attività si è ridotta; inoltre è proseguito il miglioramento del clima delle famiglie.
La situazione in Italia
Il PIL, dopo aver frenato nell’ultimo trimestre del 2022 è cresciuto sopra le attese all’inizio del 2023 (+0,5%), grazie alla variazione positiva dei servizi e anche dell’industria e costruzioni. Le esportazioni hanno registrato un buon dinamismo, specialmente verso i Paesi extra-Ue, fra i quali la Cina, dove le vendite sono più che raddoppiate rispetto a inizio 2022.
L’inflazione resta elevata, anche se la crescita dei prezzi energetici ha rallentato (+10,8% a marzo) ad un livello inferiore rispetto ai prodotti alimentari (+12,9%), riflettendo l’evoluzione dei prezzi delle materie prime. La crescita dei prezzi resterebbe però elevata anche escludendo l’energia e gli alimentari freschi (+6,3%, c.d. inflazione di fondo).
La crescita dei tassi di riferimento aumenta il costo del credito per le imprese italiane, arrivato a 3,55% a febbraio, da 1,18 a fine 2021. La produzione industriale è diminuita per tre mesi consecutivi, fra gennaio e marzo, mentre le opinioni delle imprese mostrano indicazioni positive, ma mescolate a segnali contrastanti. L’impennata dei prezzi ha eroso il reddito delle famiglie, determinando un calo dei consumi.
Nel quarto trimestre 2022 i consumi sono diminuiti (-1,6%), soprattutto nel comparto alimentare (-5,3%). Gli indicatori disponibili segnalano che la domanda è rimasta fiacca all’inizio del 2023, ma il mercato del lavoro fornisce indicazioni positive (+0,3% gli occupati nel primo trimestre). A marzo il tasso di occupazione si è stabilizzato al 60,9%, 1,8 punti in più rispetto alla media del 2019.
La produzione industriale a Lucca, Pistoia e Prato
Nei primi 3 mesi del 2023 la produzione industriale dell’area è rimasta quasi ferma nel confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente (+0,3% tendenziale), mentre l’indice destagionalizzato mostra un lieve arretramento rispetto all’ultimo trimestre del 2022 (-0,6%).
L’andamento congiunturale è quasi sovrapponibile a quello italiano (-0,2% la variazione congiunturale registrata dall’Istat nella media dei primi tre mesi), mentre in termini tendenziali il confronto non è del tutto univoco. La variazione tendenziale calcolata sulla media dell’indice grezzo Istat è pari a +1,6%, che però si riduce a -0,4%, a parità di giornate di calendario. In definitiva si può affermare che nei primi mesi dell’anno l’andamento dei livelli produttivi nell’area non si è discostato dalla media italiana, in lieve arretramento rispetto all’ultima parte del 2022.
La dinamica ridotta della produzione va inquadrata nella più ampia congiuntura attuale, caratterizzata dagli incrementi dei prezzi delle materie prime e, come conseguenza, anche dei prezzi dei prodotti industriali e dei prezzi al consumo. Nel 2021 le aziende si sono trovate ad assorbire la maggior parte degli incrementi di prezzo, viste le scarse possibilità di trasferire a valle gli aumenti, in un contesto da lungo tempo abituato a bassissimi livelli di inflazione o, addirittura alla deflazione.
La crescita media dei prezzi alla produzione dei prodotti manifatturieri – ovvero praticati dalle aziende al primo stadio di commercializzazione – registrata in Italia dall’Istat nel 2022 è stata del +0,7%, quindi praticamente irrilevante. Incrementi di prezzo significativi hanno invece caratterizzato il 2022 (nella media dei 12 mesi la crescita dei prezzi dei prodotti manifatturieri è stata del +13,8%) e anche l’inizio del nuovo anno.
Come esercizio ragionevole, assumendo come ipotesi che la crescita dei prezzi nei singoli settori a livello locale sia stata simile a quella media registrata a livello nazionale, si sono costruiti indici della produzione “inflazionati”, che dovrebbero corrispondere con una certa approssimazione all’andamento del valore della produzione a prezzi correnti.
Si può verificare che fino al 2020 l’evoluzione degli indici delle quantità e degli indici “inflazionati” risulta piuttosto simile, come è logico, mentre è chiaro che nel periodo più recente la crescita dei prezzi ha assunto un ruolo di tutta rilevanza per determinare l’equilibrio economico nei bilanci.
La dinamica dei settori manifatturieri
L’andamento della produzione resta caratterizzato da dinamiche ridotte, anche scendendo nel dettaglio dei singoli settori dell’area. I settori della moda presentano un’evoluzione leggermente migliore rispetto alla media italiana – soprattutto grazie al settore dell’abbigliamento – mentre è peggiore l’andamento delle calzature.
La carta e i prodotti di carta presentano livelli di produzione fisica stabili nell’area (+0,7% tendenziale), che si confrontano con un’evoluzione di segno molto negativo del dato nazionale (-12,1% tendenziale). Un andamento leggermente peggiore rispetto alla media italiana riguarda invece i settori della chimica (-3,8% tendenziale), mentre fa meglio la lavorazione dei minerali non metalliferi, con livelli praticamente stabili (-0,8% tendenziale) rispetto a una media italiana ben più negativa (-6,9%).
Stabili, nel loro insieme, i livelli nei settori metalmeccanici, soprattutto grazie alla crescita nei mezzi di trasporto (+10,6% tendenziale); crescita che fa da contrappeso alla flessione nei prodotti in metallo (-4,1%) e anche delle macchine (-2,7%).
Ordini e previsioni
Mettendo da parte pochi casi particolari, ovvero settori per cui la direzione della congiuntura sembra abbastanza definita in positivo o in negativo, il quadro che emerge dai dati sul primo trimestre è caratterizzato soprattutto dall’attesa.
I movimenti sono di piccola entità e, con l’eccezione di qualche settore, nelle previsioni è difficile intravedere una direzione definita della congiuntura. Un’annotazione a parte riguarda le previsioni delle aziende sui livelli di occupazione, che nel periodo più recente sono visti in crescita da parte di una quota di aziende elevata sia nel confronto storico che rispetto al contesto nazionale.
Fra le ipotesi che si possono fare sui fattori alla base di tali valutazioni ottimistiche, è possibile che il rallentamento in corso venga valutato come un elemento transitorio, e in effetti il clima di opinioni sull’andamento della domanda, riflesso dalle previsioni sugli ordini è migliorato piuttosto rapidamente nel periodo più recente, dopo essere peggiorato verso la fine dell’anno trascorso.
L’adeguamento al rialzo dei livelli di occupazione sarebbe funzionale a tali prospettive di più lungo periodo. Inoltre, è ragionevole che nel 2022 le aziende abbiano migliorato l’equilibrio di bilancio grazie alle migliori possibilità di trasferire a valle gli incrementi nei costi, facendo in questo modo spazio anche per la crescita dei livelli di occupazione.
La congiuntura a Lucca
Nel primo trimestre la produzione industriale è rimasta quasi ferma (-0,1% tendenziale) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente ed è appena diminuita (-0,5%) rispetto al trimestre precedente.
L’intonazione complessiva è quella di un rallentamento legato soprattutto alla frenata della domanda estera, cresciuta in modo molto vivace negli ultimi due anni. Gli ordini interni presentano una leggera crescita tendenziale e un leggero arretramento, in termini destagionalizzati, rispetto al trimestre precedente. Nelle previsioni compare un ottimismo moderato, con attese di ripresa nel breve termine per gli ordini dall’estero.
La situazione di stallo non pregiudica però il divario positivo fra l’andamento della produzione sul territorio della provincia di Lucca, la media dell’area Lucca-Pistoia-Prato e anche rispetto alla media italiana; divario maturato soprattutto nel periodo immediatamente successivo a quello della pandemia, anche per motivi legati alla composizione merceologica della produzione, e consolidato nel periodo più recente.
Per il settore carta-cartotecnica, il primo trimestre vede livelli produttivi ancora in crescita (+1,9% tendenziale), in un contesto di leggero allentamento delle pressioni sui costi per energia e materie prime, che restano tuttavia su livelli storicamente estremamente elevati. L’evoluzione degli ordini è positiva per la prevalente componente interna, mentre sembra di poter considerare come transitoria, limitata al singolo trimestre, una certa frenata per gli ordini dall’estero.
Resta ampiamente positivo l’andamento del fatturato. Nelle previsioni delle aziende prevalgono le attese di conferma dei livelli attuali, senza cambiamenti apprezzabili entro la prima parte dell’anno. Anche nel settore delle macchine ed elettromeccanica, dove a Lucca ricadono anche e soprattutto i produttori di macchine destinate all’industria cartaria, la produzione è leggermente diminuita rispetto all’anno precedente (-1,2% tendenziale).
D’altra parte, la prima parte dell’anno trascorso era stata segnata da una forte crescita, avvenuta a tassi ben superiori rispetto al più ampio comparto italiano delle macchine per l’industria, per cui la frenata del primo trimestre deve tener conto di un termine di confronto particolarmente elevato. Rispetto all’ultima parte dell’anno, al contrario, esiste una certa ripresa in termini destagionalizzati. Nelle previsioni, l’idea prevalente è che i livelli produttivi cresceranno ancora nella prima parte dell’anno, soprattutto grazie alla domanda estera, vista prevalentemente in ripresa.
La congiuntura a Pistoia
Nel primo trimestre la produzione manifatturiera è aumentata rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+0,9% tendenziale), ed è appena diminuita, in termini destagionalizzati, rispetto al trimestre precedente (-0,4%). In definitiva si tratta di una dinamica debole, che riflette una congiuntura al bivio fra la crescita e il peggioramento.
L’incertezza è riflessa anche dai risultati molto diversi fra i settori, per i quali è difficile individuare un comune denominatore. La fase stazionaria della produzione è accompagnata da ordini in flessione nella maggior parte dei settori e da un clima di opinioni diseguale, con valutazioni in molti casi contrastanti per la componente estera e interna della domanda. La difficoltà nella comprensione della fase attuale dipende in realtà soprattutto dalla rilevanza che le dinamiche di costo e prezzo hanno assunto da circa un anno per i bilanci aziendali.
Un’indicazione indiretta circa la possibilità che il risultato finale della composizione di costi e ricavi sia stato positivo può essere rappresentata dalle valutazioni delle aziende sul probabile sviluppo dei livelli occupazionali, valutazioni che hanno raggiunto un livello storicamente elevato, con una prevalenza di ottimisti diffusa alla quasi totalità dei settori pistoiesi.
La produzione della carta-cartotecnica frena in modo più accentuato nei primi tre mesi (-5,5% tendenziale), a seguito della riduzione del portafoglio ordini Italia. Le previsioni restano moderatamente positive per l’andamento della domanda; inoltre, una quota largamente prevalente di aziende considera probabile una crescita della produzione entro la prima parte dell’anno.