La fabbricazione di carta richiede sempre un input di materia prima, sia di cellulosa (le fibre si consumano e hanno bisogno di essere reintegrate) che di altre materie (minerali, amidi), ma la materia seconda rappresenta ormai – almeno in Italia – l’input di gran lunga prevalente. La fibra di cellulosa è un materiale di origine naturale e quindi rinnovabile. Inoltre la carta, dopo il suo impiego, è in grado di restituire facilmente le fibre di cui è composta per riciclarle in nuova carta. La fibra di cellulosa è inoltre biodegradabile e compostabile. La carta è quindi campione di economia circolare, avendo un ruolo di primo piano sia nel ciclo biologico del carbonio che in quello tecnologico del riciclo. Su scala europea – e in Italia è sostanzialmente lo stesso – le fibre vengono usate in media 3,6 volte, più della media mondiale. Ciò nonostante la fibra subisce un degrado chimico e meccanico e, soprattutto per alcuni prodotti, ha bisogno di essere reintegrata con fibre lunghe. In Italia nel 2020, l’industria cartaria ha avuto un consumo totale di materia pari a 10,1 milioni di tonnellate, per la produzione di 8,5 milioni di tonnellate di prodotti. Sul totale dei consumi, il 51,5% è costituito da materia seconda, il 31,4% da fibre vergini e il 15,4% da materiali non fibrosi come carbonato di calcio, amidi (altra materia rinnovabile, stimabile pari all’1,4%), minerali, sbiancanti e altri costituenti della produzione. Complessivamente, anche considerando la quota di amidi, si può stimare che circa l’84,3% delle materie usate sono costituite da materie seconde (maceri) o da materie rinnovabili (fibre cellulosiche e amidi).


L’impiego di fibre vergini è stato in Italia, nel 2020, pari a 3.170.400 t. Il consumo di fibre vergini, in rapporto alla produzione di carta, si è progressivamente contratto negli ultimi dieci anni (di circa 3,5 punti percentuali), raggiungendo il suo minimo nel 2020. L’Italia non ha un’autonoma produzione – se non per quote minori (181.700 t) – di cellulosa. L’Italia importa il 96,7% della pasta per carta (cioè cellulosa da fibre vergini), principalmente dall’Europa e dalle Americhe, senza importazioni dall’Africa o dall’Asia. In Italia e nei paesi europei, così come dal principale paese fornitore, ovvero il Brasile, la pasta per carta viene da foreste coltivate e in maniera crescente da foreste certificate. In Europa e in altre aree le foreste coltivate per il legname da carta sono sempre più gestite in maniera sostenibile. Il 74% del legno usato dall’industria della cellulosa e della carta europea (fonte CEPI 2020, Cepi views on the new EU Forest Strategy for 2030) viene da foreste certificate secondo gli schemi FSC o PEFC e circa il 90% della pasta per carta acquistata. Anche in Italia, dove è quasi assente la produzione di pasta per carta da fibre primarie, l’89% della pasta per carta acquistata è fornita di certificazione forestale. Il settore cartario, anche se un utilizzatore minore di legno e suoi derivati, è però in proporzione il principale utilizzatore di legno e derivati certificati. Proprio il fatto che ormai l’approvvigionamento di legname derivi da foreste coltivate genera un secondo importante beneficio del riciclo, oltre a quello principale di ridurre i consumi energetici e le emissioni idriche e atmosferiche connesse alla produzione primaria. Per effetto del riciclo e quindi della minore domanda di materia prima si liberano risorse o per la creazione di nuove foreste naturali o per altri usi produttivi della biomassa, sia come legname che (e soprattutto) come biomassa o biocombustibile sostitutivo dei combustibili fossili. Questo significa un “doppio dividendo” del riciclo: da un lato la riduzione delle emissioni evitando la produzione primaria, dall’altro la “creazione” di bio-combustibili con emissioni neutre di CO2 in sostituzione di metano e petrolio.

Le materie seconde: la raccolta per il riciclo
La raccolta interna di carta e cartone ha conosciuto nell’ultimo decennio un costante incremento, sia in termini assoluti che in relazione ai consumi interni. Negli anni più recenti la crescita della raccolta è stata moderata (nel 2020 pari a circa 425 mila tonnellate in più del 2011), anche per effetto di una crescita moderata dei consumi. Rispetto ai valori di venti anni fa, però, la raccolta interna è cresciuta dell’80% passando dai 3,75 milioni di tonnellate del 1998 alle 6,77 milioni di tonnellate del 2020. Il segmento più dinamico è stato quello della raccolta urbana che tra il 1998 e il 2020 è passato da 1 milione di tonnellate a 3,49 milioni di tonnellate, più che triplicando. Nel 2020 la raccolta interna è costituita da scarti diretti di produzione (reimmessi nel ciclo e non contabilizzati), da sfridi di trasformazione pre-consumo e rese (1,42 milioni di tonnellate, il 21% del totale) e da raccolta post consumo alle utenze domestiche, industriali, commerciali (5,36 milioni di tonnellate, di cui 3,49 da raccolta urbana). Su 6.780.000 tonnellate di raccolta interna di carta da riciclare (comunemente detto macero), il 79% è costituito da prodotti post- consumo e più del 50% di tutta la raccolta italiana di macero viene dalla raccolta differenziata urbana di carta e cartone. Se il tasso di raccolta convenzionale è pari al 69,3% del consumo, quando il tasso di raccolta è calcolato sulla totalità dei prodotti cellulosici utilizzati in Italia ed effettivamente disponibili per la raccolta e il riciclo – escludendo quindi la quota dei materiali conservati nel tempo o i consumi di carta come quella di uso igienico non disponibile per il riciclo – il valore sale fino a diventare pari all’80,1%. Ed è questo il valore più significativo per capire i margini di sviluppo della raccolta interna. Il tasso di raccolta interno degli imballaggi cellulosici – quasi integralmente destinati a riciclo di materia – è oggi stimato pari all’87,3% (fonte Comieco), un valore già superiore all’obiettivo di riciclo della Direttiva Europea per il 2025 (75%) e superiore anche all’obiettivo 2030 (85%).
Per quanto sia ancora possibile incrementare le raccolte, è evidente che il livello di intercettazione raggiunto è già molto elevato. Su questi livelli diventa importante non solo espandere i volumi raccolti, ma anche e soprattutto migliorare la qualità delle raccolte per consentirne ancora un efficiente riciclo. La qualità delle raccolte differenziate di carta – in particolare della raccolta congiunta, la più tipica delle raccolte differenziate urbane – ha conosciuto infatti, dopo un periodo di miglioramento, un marcato peggioramento nella seconda metà del decennio, passando da una media di frazioni estranee pari al 2% nel 2012 fino al 3,6% del 2016, per poi tornare a ridursi nel 2019 e 2020, con valori pari rispettivamente al 2,6% e al 2,3% (Comieco, 26° rapporto annuale, 2021).
I valori sembrano piccoli, ma ogni punto percentuale di frazione estranea nella raccolta differenziata urbana di carta e cartone corrisponde a circa 35.000 tonnellate di frazioni estranee trasferite alle successive fasi industriali di selezione e riciclo. La raccolta interna italiana inoltre, ormai da più di un decennio, è in surplus rispetto ai consumi interni, cioè alla domanda di maceri da parte dell’industria cartaria nazionale. Nel 2020 le esportazioni nette di carta da riciclare sono state pari a 1,565 milioni di tonnellate (esportando 1,812 milioni di tonnellate e importandone 247 mila). Il tasso di impiego interno della carta da riciclare (maceri riciclati/raccolta) si è stabilizzato negli ultimi anni attorno al 76-78%. Rispetto ai primi anni 2000 si è ridotto il rapporto tra quantità di riciclo interno e quantità di maceri raccolti perché vi è stata una forte crescita della raccolta interna di rifiuti cartacei, superiore alla crescita della domanda interna di maceri per il riciclo industriale. Perciò l’Italia è passata da paese importatore a paese esportatore di maceri (il rapporto si è invertito dal 2003). Già dal 2020 è però visibile una crescita della capacità di riciclo interno (per l’entrata in funzione di nuovi importanti impianti) e il trend dovrebbe proseguire per riequilibrare il rapporto tra carta raccolta e impianti per il riciclo attivi sul territorio.

Le materie seconde: il riciclo industriale
Le quantità di carta da riciclare utilizzate dall’industria cartaria nazionale sono state pari a 5.207.200 tonnellate nel 2020, il valore più alto degli ultimi 10 anni, in crescita del 3% sul 2019 nonostante una contrazione della produzione del 4,5% sull’anno precedente.
A fronte di una riduzione della produzione interna pari a circa il 15% rispetto ai valori precedenti la grande recessione (nel 2007 la produzione nazionale era pari a 10,1 milioni di tonnellate, nel 2020 era pari a 8,5 milioni di tonnellate), anche il riciclo interno di maceri non è ancora tornato sui livelli pre crisi, ma è diminuito assai meno di quanto sia diminuita la produzione (-6,7%). È il segno di una crescita del tasso di riciclo industriale. Se guardiamo ai tassi di riciclo, i valori dell’Italia si collocano attorno ai valori medi europei. Secondo l’ultimo monitoraggio dell’European Paper Recycling Council (2020) il tasso di riciclo lordo del settore cartario dell’Unione Europea ha raggiunto nel 2020 il 73,9% (era il 72,5% nel 2019, con dati revisionati), quando viene calcolato come rapporto tra raccolta interna diretta al riciclo (includendo quindi anche il surplus di export) e produzione.
Il tasso di riciclo netto, cioè il tasso di utilizzo della carta da riciclare (impiego netto di maceri nella produzione) in Unione Europea è pari al 65,4% (era il 63,9% nel 2019).
La differenza tra i due valori dipende dal fatto che nel loro insieme i paesi europei sono – come l’Italia – degli esportatori netti della raccolta di carta. Nel 2020, il tasso di riciclo lordo dell’Italia (cioè il rapporto tra raccolta finalizzata al riciclo e produzione interna) è pari al 79,3%, il massimo storico e con una crescita molto importante sul 2019 (era il 73,7%), ben sopra al valore medio europeo. Anche più significativo il balzo al 61% (ancora il massimo storico, con una crescita di 4 punti percentuali rispetto al 2019) compiuto nel tasso di riciclo netto o tasso di utilizzo, calcolato come rapporto tra l’utilizzo interno di macero (al netto quindi del saldo commerciale) e la produzione interna. Il tasso di utilizzo rimane ancora inferiore alla media europea e, pur se condizionato della significativa presenza nel nostro Paese di alcune filiere a basso impiego di fibre di riciclo (carte speciali, carte per uso igienico-sanitario), ha ancora importanti margini di sviluppo. Per venti anni il tasso di riciclo netto era rimasto stabile, oscillando tra il 53% e meno del 57%, con andamenti determinati più dagli andamenti produttivi settoriali che da un incremento specifico dell’impiego di carta da riciclare. Per molteplici ragioni, in primo luogo la collocazione nel mercato mondiale, non vi era stata nella struttura della produzione industriale cartaria una sorta di “riconversione” verso produzioni a più alto contenuto di carta da riciclare. L’accelerazione registrata nel 2020 segna un importante inversione di rotta, che deriva in primo luogo dal completamento ad inizio anno del processo di riconversione alla produzione di cartoni di un impianto storicamente dedito alla produzione di carte grafiche e da un nuovo impianto nel settore packaging avviato a fine 2020.
La classificazione delle carte e cartoni da riciclare e la misura della qualità
La carta da riciclare è un bene commercializzato in tutto il mondo e in Italia è la principale materia prima dell’industria cartaria. Lo standard europeo EN 643, pubblicato nella sua ultima revisione nel 2014, classifica ben 95 diverse tipologie di carte da riciclare comunemente commercializzate sul mercato europeo. Per ognuna di esse la norma identifica la composizione e i limiti di tolleranza massimi di componenti non cartacei e di materiali indesiderati, oltre a individuare i materiali proibiti che non devono essere presenti nel macero destinato al riciclo. L’efficacia del sistema nazionale di raccolta sviluppato grazie a Comieco, che porta a recuperare frazioni sempre maggiori di carta, anche di minor pregio, e le difficoltà di gestire gli scarti derivanti dalla rimozione di materiali non cartacei che possono arrivare insieme alla carta da riciclare, ha posto l’attenzione delle cartiere verso la necessità di garantire un maggiore controllo sulla qualità dei materiali in ingresso. In questi anni l’industria ha investito in tecnologie per consentire l’analisi del contenuto di materiali non cartacei e di umidità nella carta da riciclare.

Nel marzo 2015 Assocarta ha pubblicato le Linee guida “Metodi di analisi strumentale automatica della qualità della carta da riciclare” per consentire la diffusione di queste tecnologie nell’industria nazionale attraverso un impiego standardizzato, che consenta quindi di garantire la necessaria accuratezza e confrontabilità delle misure. Nel novembre del 2016 Cepi ha inoltre pubblicato la nuova edizione delle “Paper for Recycling Quality Control Guidelines”, in cui sono riassunte le procedure, condivise a livello europeo, di controllo qualità della carta da riciclare e, per la prima volta riconosce l’idoneità dei sistemi strumentali automatici per la misura di umidità e contenuto di materiali plastici, di cui a oggi in Italia si contano 12 impianti attivi. La necessità di dare sempre maggiore attenzione alla qualità della carta da riciclare è stata evidenziata ancora da parte di Cepi nel 2018, con il documento di posizione “La raccolta differenziata della carta: raggiungere i nuovi obiettivi di riciclo migliorando la qualità”. Dal 2011 Aticelca, associazione dei tecnici cartai italiani, ha anche sviluppato il Sistema di valutazione 501 che permette di valutare il livello di riciclabilità degli imballaggi in carta e cartone, anche accoppiati con altri materiali, al fine di indirizzare il design e la progettazione dei prodotti in carta e cartone verso soluzioni compatibili con le moderne tecnologie di riciclo.
Nel novembre 2019 infine Cepi, Citpa, Ace e Fefco hanno pubblicato le “Paper-based packaging recyclability guidelines” con l’obiettivo di fornire indicazioni utili per progettare imballaggi in carta facilmente riciclabili.