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Articolo pubblicato nel fascicolo di Maggio / Giugno 2023 di Carta & Cartiere ECONOMIA CIRCOLARE

Migliorare per diventare più circolari

La decarbonizzazione come sfida di politica industriale.

di: Assocarta

L’obbligo europeo alla neutralità climatica per il 2050 e alla riduzione del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030 (sul livello del 1990) impone un’accelerazione anche ai programmi dell’industria europea della carta, che già nel 2017 si era posta come obiettivo di ridurre dell’80% le emissioni di CO2 al 2050 rispetto al 1990.

La decarbonizzazione dell’economia è un obiettivo impegnativo per il sistema industriale italiano, che richiede pragmatismo e visione. È necessario un lancio immediato del percorso di transizione da completare entro il 2030, ricorrendo a tutte le leve strategiche disponibili. Costruire una transizione può diventare realistico solo agendo su tutte le leve strategiche disponibili: dalle fonti rinnovabili e combustibili verdi all’elettrificazione dei processi termici, all’efficienza energetica, all’economia circolare, ai combustibili low carbon per una transizione più gestibile.

La decarbonizzazione dell’economia e anche del settore cartario può avvenire, senza rischiare la scomparsa di interi comparti industriali dall’Italia e dall’Europa, solo nel quadro di uno sforzo collettivo degli stati nazionali e della UE oltre che delle imprese e dei consumatori. Per il settore cartario anche recentissimi studi hanno riconosciuto la fattibilità tecnica di un obiettivo di decarbonizzazione della produzione cartaria attraverso un mix di interventi basato in primo luogo su elettrificazione dei processi, riciclaggio ed efficienza energetica.

I principali processi termici del settore cartario richiedono una fornitura di calore a bassa e media temperatura che può essere in parte già soddisfatta con il ricorso a dispositivi industrialmente disponibili o comunque già sperimentati; in primo luogo efficienti pompe di calore ad alta temperatura – a fonte aria, acqua o geotermiche – capaci di generare vapore a oltre 200 gradi. Per quanto sia stata valutata la fattibilità con tecnologie disponibili di una elettrificazione fino al 96% dei fabbisogni energetici di cartiera (S. Madeddu et al, 2020: Reduction potential for the European industry via direct electrification of heat supply -power-to-heat), l’effettiva implementazione di questa trasformazione richiede da un lato la disponibilità di tecnologie affidabili e dall’altra un costo energetico dell’energia elettrica almeno comparabile con quello ottenuto oggi dagli impianti di cogenerazione a gas.

L’applicazione di un’estesa elettrificazione – che comporterebbe rilevanti costi anche di investimento – si scontra oggi con gli elevati costi dell’elettricità e con la necessità di avere una stabilità normativa e di prezzo di lungo periodo, oltre che di infrastrutture di trasporto in grado di soddisfare una tale domanda.

La realizzazione di un sistema elettrico nazionale (o europeo) basato su fonti rinnovabili, non suscettibile di rischi geopolitici e con costi sostenibili e prevedibili è di fatto oggi una delle condizioni per una più ampia trasformazione.

Ma occorrono, con urgenza, anche interventi governativi in questo senso:

  • Evoluzione dell’interrompibilità da meccanismo di mercato a meccanismo di salvaguardia nazionale;
  • Revisione del sistema delle accise sull’utilizzo di gas e degli oneri generali di sistema per le imprese a forte consumo di gas e previsione di regimi tariffari speciali per i grandi consumatori industriali di gas, in linea con quanto già previsto per gli energivori;
  • Miglioramento del sistema ETS per l’acquisto quote CO2 per limitarne la speculazione finanziaria che comporta oscillazioni di prezzo non sostenibili dai settori industriali;
  • Ristoro costi indiretti CO2, allineando la politica italiana alla politica di diversi Stati in merito alla compensazione di costi indiretti del carbonio dando attuazione alle disposizioni di cui al Decreto legislativo del 9 giugno 2020 n. 47, costituendo un “Fondo per la transizione energetica nel settore industriale” anche alimentato attraverso la quota annua dei proventi derivanti dalle aste.

Se efficienza energetica ed elettrificazione rappresentano forse la soluzione a regime per la decarbonizzazione, nell’immediato è necessario agire anche su una pluralità di altre leve. Per l’Italia, consistenti investimenti sono stati realizzati negli scorsi decenni dotando il sistema di cogeneratori basati su gas naturale, cioè la risorsa combustibile a più basso contenuto di carbonio. Il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni conseguito rispetto ad un assetto medio di approvvigionamento energetico sono stati molto rilevanti.

Non sarebbe incoerente con la transizione energetica anche avviare il rifacimento degli impianti di cogenerazione a metano a fine vita utile con un contestuale ulteriore miglioramento dell’efficienza (almeno del 3-5%) e la predisposizione all’utilizzo di gas rinnovabili (biogas e idrogeno), arrivando quindi ad alimentare le centrali con un mix di combustibili progressivamente a sempre più basso contenuto di carbonio. L‘integrazione con la produzione di biogas rappresenta un’ulteriore leva importante per avviare a costi sostenibili la decarbonizzazione.

Il recupero dei sottoprodotti di biomassa, pur rilevanti, nel settore cartario rappresenterebbe comunque il 4% dei consumi di gas naturale (80.000 tep rispetto a circa 2 milioni) e quindi sarebbe solo un piccolo passo verso l’obiettivo. Ma la produzione di bio-metano da rifiuti organici o da residui agrozootecnici o da produzioni dedicate è oggi in forte sviluppo e le industrie del settore prevedono di poter raggiungere una produzione tra il 2030 e il 2050 nell’ordine del 15-25% della domanda attuale nazionale di gas naturale e pari a circa 5-8 volte il consumo attuale del settore cartario. Inoltre il settore cartario potrebbe essere anche l’utilizzatore di biogas/biometano prodotti da impianti di terzi.

L’Italia è sicuramente una protagonista nella raccolta di rifiuti biodegradabili che potrebbero produrre, insieme ai fanghi di depurazione, biogas e biometano. Le cartiere sarebbero quindi non solo le utilizzatrici di biogas e biometano autoprodotto, ma anche di biometano prodotto da terzi, potendo anche utilizzare la rete gas esistente e quindi senza bisogno di creare nuove infrastrutture dedicate. È quindi fondamentale un piano per la produzione di biogas e biometano che copra i costi attualmente ancora superiori rispetto al gas, estendendo gli incentivi esistenti per la mobilità all’utilizzazione a livello industriale nei settori gas intensive, come quello della carta. In questo contesto Assocarta e il Consorzio Italiano Biogas e Gassificazione hanno siglato un accordo che li impegna a collaborare con l’obiettivo condiviso di favorire la riconversione a biometano degli impianti biogas esistenti, nonché lo sviluppo di nuove infrastrutture per la produzione di biometano quale leva per la decarbonizzazione del settore cartario, in attuazione del DLgs 199/2021 (c.d. RED II) e del PNRR.

Efficienza energetica, mantenimento e utilizzo delle misure di risparmio

Il settore cartario ha già intrapreso un’operazione di efficientamento energetico. Esistono però ulteriori potenzialità che hanno un beneficio sia ambientale che economico. La generalizzazione di alcune misure di efficientamento può comportare un significativo progresso in tempi brevi.

È il caso dei Titoli di Efficienza Energetica (TEE), che in passato hanno dato un forte impulso per l’efficientamento del settore ma che più di recente hanno perso la loro spinta propulsiva a causa dell’orientamento votato a favorire soprattutto l’innovazione, esasperando il criterio di addizionalità – conseguibile però solo in pochi casi limitati – invece di puntare a portare una platea più ampia di soggetti al raggiungimento dei migliori standard disponibili. Sebbene recentemente il concetto di addizionalità sia stato attenuato con l’abolizione dello stesso in caso di rifacimenti di parti di impianti, il ricorso ai TEE da parte del settore stenta a riprendere per via degli strascichi della vecchia normativa sui progetti in corso e a causa del lungo e spesso complicato iter di approvazione dei progetti.

Sul fronte della produzione di energia, il fabbisogno di energia elettrica e calore da parte del processo cartario rende l’adozione della cogenerazione ad alta efficienza una migliore tecnica disponibile già ampiamente adottata dal settore e in grado di garantire risparmi di circa il 30% sull’energia primaria rispetto alla generazione separata. A questo fine occorre da un lato mantenere e aggiornare i sistemi di incentivazione al risparmio energetico e all’autoproduzione ad alta efficienza e dall’altro potenziare l’accesso e il ricorso a questi meccanismi da parte del complesso delle imprese del settore cartario.

Fibre sostenibili

Il settore cartario non può rinunciare al contributo delle fibre primarie. Le fibre primarie, sia come legno che come pasta di cellulosa, sono un prodotto coltivato – come lo sono gli amidi di patata o di granturco – che come tale è rinnovabile e potenzialmente del tutto sostenibile.

Già una parte rilevante delle fibre primarie impiegate in Italia deriva da foreste certificate secondo i criteri di gestione sostenibile degli schemi FSC e PEFC. Occorre rafforzare e generalizzare l’impiego solo di fibre derivanti da gestioni sostenibili, europee o extraeuropee, nella consapevolezza che vi sono ancora aree del mondo nelle quali la produzione forestale non è affatto sostenibile.

Al contrario le foreste coltivate – in presenza di un maggior riciclo – possono consentire, su scala globale, di aumentare la biomassa disponibile a scopi energetici senza intaccare né i patrimoni naturali né la produzione a scopo alimentare.

Nuovi imballaggi e nuovi materiali per incrementare il riciclo interno

La crescita del consumo interno di macero costituisce un’opportunità per rafforzare l’economia circolare italiana e per dare maggiore certezza di impiego ai maceri raccolti. La potenzialità di riciclo interno ha conosciuto nel 2020 un balzo in avanti che è destinato a proseguire. L’avvio di nuovi impianti ha messo in campo una capacità produttiva aggiuntiva di 800-900 mila tonnellate annue a partire da carta da riciclo.

Si può quindi prevedere una costante riduzione delle esportazioni o, visto da una diversa prospettiva, la possibilità di gestire anche una capacità di raccolta interna della carta prossima al suo limite teorico. Un’ulteriore espansione della capacità di utilizzo interno di carta da riciclare è legata sia al rafforzamento dei volumi produttivi nazionali dell’industria cartaria, sia a una conversione delle tipologie di prodotti.

Questa potenzialità potrà concretizzarsi anche grazie al supporto del PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che, nell’ambito dei progetti faro di economia circolare, ha predisposto un’azione, denominata Linea B, dedicata specificatamente all’ammodernamento, ampliamento di impianti esistenti e realizzazione di nuovi impianti per il miglioramento della raccolta, della logistica e del riciclo dei rifiuti in carta e cartone.

Lo sviluppo industriale può però avvenire solo se si determinano le condizioni di mercato idonee e se le scelte imprenditoriali sono sostenute da politiche di contesto – tra cui molto rilevanti quelle energetiche e quelle relative alla gestione dei residui finali – di incentivazione e sostegno ai settori industriali della bio-economia e dell’economia circolare.

Uno sviluppo effettivo richiede in primo luogo la disponibilità di ulteriori impianti idonei alla produzione di pasta da macero (ad esempio impianti di disinchiostrazione o per trattare le speciali tipologie di carta più difficili da riciclare). Ma in secondo luogo richiede la creazione di nuove opportunità di mercato.

La transizione verso una riduzione dei prodotti e degli imballaggi usa e getta e difficilmente riciclabili è un’eccezionale possibilità di sviluppo per il settore cartario. I prodotti cartari, anche in maniera combinata ad esempio con le bio-plastiche, rappresentano la risposta alla domanda di imballaggi effettivamente riciclabili e biodegradabili. Tra gli imballaggi i prodotti cartari sono gli unici ad avere un potenziale di riciclabilità pressoché totale (a differenza ad esempio di alcuni polimeri plastici), ad avere un mercato, ad essere contemporaneamente anche compostabili e quindi integrabili facilmente nei sistemi di raccolta differenziata sia dedicati che, come seconda opzione, dell’umido.

Questa prospettiva – per la quale l’Italia ha una posizione di leadership e le risorse sia sotto il versante della produzione cartaria che di quella biochimica – dovrebbe essere assunta nelle politiche pubbliche attraverso programmi di phasing-out di materiali e imballi inappropriati o misure equivalenti, che consentano i tempi necessari di conversione produttiva e di ottimizzazione economica dei processi.

Meccanismi di fiscalità ambientale possono rappresentare una componente di questa manovra; ma per essere efficaci e ricadere positivamente sul contesto economico italiano devono comunque essere accompagnati da un processo di industrializzazione delle alternative.

Migliorare la qualità della raccolta differenziata

La qualità della raccolta differenziata mostra preoccupanti segni di scadimento. Pur non minacciando la riciclabilità dei materiali, la maggiore presenza di frazioni estranee (principalmente costituite da materie plastiche) determina un rilevante incremento degli scarti nei processi industriali di riciclo della carta da macero. Un 1% di frazione estranea in più o in meno vale almeno 50.000 t di pulper in più a valle dell’industria cartaria di riciclo

. L’esperienza ormai decennale insegna che occorre privilegiare non solo raccolte monomateriale, ma anche le forme di raccolta porta a porta (o presso centri di raccolta) ove è possibile un controllo sulla qualità dei conferimenti. Modalità di raccolta stradale e cassonetto, tanto più in presenza di disincentivi al conferimento della raccolta differenziata, portano a un’apparente crescita della raccolta a scapito però della qualità effettiva.

In questa direzione potrebbe essere utile un rafforzamento dei meccanismi premiali e disincentivanti presenti negli accordi Comieco-Anci. Per questa ragione (la qualità della raccolta) occorre anche abbandonare, in armonia con le direttive comunitarie, gli obbiettivi in termini di raccolta differenziata, sostituendoli con obiettivi di riciclo effettivo da calcolare misurando i tassi di riciclo al punto dove i materiali riciclati possono sostituire una materia prima vergine nel processo produttivo, anche se ciò comporta un sistema di contabilizzazione più complesso e oneroso rispetto a quello attuale.

La gestione dei rifiuti residui: i recuperi di scarto di pulper e fanghi

La gestione dei rifiuti residui, che costituiscono una componente di costo e di efficienza gestionale d’impresa non marginale, riveste un’importanza strategica anche sotto il profilo delle politiche pubbliche. L’obiettivo di limitare al 10% il conferimento in discarica è impegnativo, ma alla portata del settore cartario.

Ipotizzando che l’industria cartaria mantenga sostanzialmente stabile la propria produzione di rifiuti, il raggiungimento dell’obiettivo del 10% di smaltimento corrisponde ad avviare stabilmente a recupero altre 200.000/250.000 tonnellate di rifiuti.

In primo luogo ciò passa attraverso una qualificazione a monte della carta da riciclare, con una progettazione attenta all’ecodesign che porti a una riduzione drastica dei componenti non cartacei (che possono essere presenti nei prodotti e negli imballaggi in carta quali i film plastici, i nastri adesivi, le finestre, le rilegature, le chiusure, etc.) e un miglioramento della raccolta differenziata che porti alla riduzione della presenza di frazioni estranee (essenzialmente materiali diversi dalla carta, come i sacchetti di plastica o altri materiali erroneamente conferiti insieme alla carta).

In secondo luogo dall’introduzione su vasta scala di nuove tecnologie di recupero delle fibre, disidratazione degli scarti e produzione di plastiche di recupero dagli scarti del riciclo; In terzo luogo dall’adozione in maniera sistemica e estensiva della disciplina del sottoprodotto con l’impiego di fibre e cariche minerali da separazione meccanica e fanghi di depurazione in buone pratiche di simbiosi industriale per la produzione di carta e altri manufatti, il compostaggio e la produzione di biogas. Infine nel sostegno alla ricerca e alla dimostrazione per la generazione di nuovi prodotti basati su questi scarti produttivi (in primo luogo scarti di pulper e fanghi di cartiera). Il ricorso all’uso energetico di questi scarti, per quanto coerente con la normativa e idoneo al recupero del contenuto energetico e preferibile rispetto all’opzione della discarica, è oggi in conflitto con gli obiettivi di decarbonizzazione e riduzione delle emissioni climalteranti, dal momento che l’impiego di un combustibile alternativo nel quale i due terzi del contenuto energetico derivano dal petrolio non potrebbe consentire di ottenere emissioni per unità di calore e di energia elettrica migliori di quelle raggiungibili con l’impiego di gas e di un sistema elettrico ad alta presenza di rinnovabili.

L’impiego di tale frazione di scarti può essere carbon neutral solo in particolari contesti di sostituzione di combustibili fossili di origine petrolifera o di carbone e deve essere vista come una soluzione transitoria ma comunque necessaria fino a quando non saranno disponibili tecnologie alternative.

L’uso dei fanghi per la produzione di biometano e biocombustibili

Per la componente – non certo marginale – di scarti basati su biomassa, esenti o depurati dalla presenza di frazioni di plastica, l’impiego energetico per la produzione di biogas, biocombustibili o direttamente calore rappresenta invece una soluzione efficiente, finora poco sfruttata. Per alcuni di questi sviluppi vi sono già oggi tecnologie appropriate ed economicamente sostenibili o sono in corso di sviluppo.

Gli scarti della produzione cartaria sono stati ampiamente indagati come una delle fonti per i biocarburanti di seconda generazione (bioetanolo). Nel contesto della produzione italiana (che non parte dal legno) di maggior interesse e applicabilità è invece la co-digestione anaerobica dei fanghi cartari con altri flussi, più ricchi di azoto, come i fanghi urbani, letame e produzioni erbacee. Si tratta di tecnologie sperimentate che possono valorizzare il contenuto energetico dei fanghi con la produzione di biogas upgradabile a biometano.

Queste tecnologie possono essere anche utilmente impiegate per la separazione di residue impurezze. L’interesse di questo sviluppo è oggi anche rafforzato da un meccanismo di incentivi (con un meccanismo premiale che potrebbe essere esteso anche a questi flussi di rifiuto), ma è comunque un mercato trainato dagli obblighi normativi sulla riduzione della CO2 e sull’incremento della quota di rinnovabili anche in tutti i combustibili per la mobilità.

Assetto normativo efficiente per gli obiettivi di economia circolare

Da un lato la normativa “End of Waste” e dall’altra la normativa sulle acque devono essere pensate per accelerare i processi di efficienza ambientale e la conversione verso un’economia circolare. Nel settore dei rifiuti vi sono ulteriori potenzialità di recupero dei sottoprodotti che possono essere valorizzate attraverso un efficiente meccanismo di End of Waste.

A ciò si aggiunge la necessità di avere certezza sul mutuo riconoscimento della carta da riciclare ottenuta per mezzo degli End of Waste nazionali notificati e conformi agli indirizzi europei (ad oggi già operativi in Italia, Spagna e Francia dopo la notifica europea) in modo da garantire la libera circolazione nel mercato interno di materiali idonei al riciclo in cartiera.

Nel settore delle acque, un efficientamento dei consumi idrici del settore cartario (che avrebbe anche benefici economici) è oggi ostacolato dal permanere di un’impostazione di controllo dell’inquinamento basata sulle concentrazioni rilasciate anziché sul totale delle quantità rilasciate, in funzione della capacità dei corpi recettori (come in gran parte dei Paesi europei).